Mi metto qua, sotto questo cespuglio, forse mi salvo…”, sussurrò Michelino ansimando.
Aveva gli occhi fuori dalle orbite, il cuore che gli batteva forte, il suo respiro sembrava quello di una locomotiva in salita.
Come al solito doveva cercare di scappare da quel cattivissimo Marco, un gatto crudele che cercava sempre di acchiapparlo.
Lo aveva “conosciuto”, se così si può dire, due anni prima, quando, rimasto orfanello decise di trasferirsi in campagna.
La città aveva troppi ricordi e poi, lo dicevano tutti era troppo pericolosa!
Era rimasto solo, quando mamma, papà e i due fratelli erano rimasti vittime di un agguato messo in atto da due gattacci cittadini.
Michelino era restato a casa quel giorno, era malato e una vicina era stata incaricata di assisterlo. I suoi cari erano usciti alla mattina, e quando alla sera non si erano ripresentati a casa, la vicina aveva dato l’allarme.
Ben presto, arrivò la notizia della tragedia, e Michelino ancora piccolo, rimase solo con quelle che erano persone amiche, ma pur sempre a lui estranee.
La signora Lucia, con grandi sacrifici, allevò Michelino come se si trattasse di un figlio suo, ma Michelino, pur riconoscente, non aveva lo stesso affetto dovuto alla madre vera.
Così, quando fu più grandicello, decise di avventurarsi, di crearsi una vita sua.
Partì un giorno d’estate, diretto verso il Nord, e non portò con lui nient’altro che un carico enorme di entusiasmo.
Incamminatosi a piedi, dovette procedere a lungo prima di poter trovare un posto che potesse andar bene. Si era riproposto di fermarsi solo quando avesse trovato un luogo che aveva in mente, lo vedeva dentro di sé, doveva esistere. Lì, pensava, la vita sarebbe stata sempre rilassante e facile.
Era lontano dalla città, per giorni e giorni aveva camminato, e l’autunno aveva colorato le colline e le montagne con tinte rossastre.
Finalmente arrivò in una località che corrispondeva alle sue aspettative, c’era un lago dal colore azzurro-verde, la collina coltivata a vite, e naturalmente la montagna ricca di funghi e di posti da scoprire.
Tutto sembrava facile, la vita qui appariva scorrere tranquillamente e senza correre troppi rischi.
I primi tempi infatti furono così. Viveva senza pensieri. Si teneva a distanza dalle case abitate dagli uomini, che secondo lui erano dei criminali che si servivano per i loro scopi di mercenari sanguinari (i gatti).
Senza programma e senza fissa dimora, vagava per la campagna in cerca di qualsiasi cosa che lo stimolasse, che attirasse la sua attenzione.
Un giorno decise di arrampicarsi verso la montagna che sovrastava il lago, per vedere quanto era grosso e cercare naturalmente qualcosa da fare, non che giù si annoiasse ma voleva cambiare un po’.
Incontrò parecchi animali, tipici della fauna di montagna quali scoiattoli, lepri, un capriolo, una famiglia di cinghiali e persino un cervo.
Cammina, cammina vide sopra di lui, verso la vetta del monte, un grande lavorio, uomini che venivano, che andavano, tutti indaffarati.
Entravano in una grotta e ne uscivano con dei sassi enormi spingendoli su delle slitte, dei sassi dal colorito roseo.
“Dove ci sono uomini ci sono gatti meglio stare alla larga”, si disse Michelino.
Ma la curiosità era troppo forte e il nostro avventuroso amico si avvicinò cercando di non farsi notare e, in effetti, nessuno lo notò tanto erano impegnati nel loro lavoro.
Era tanto vicino che poteva quasi sentire l’odore di sudore di quegli infaticabili portatori. Prelevati i sassi nella grotta, le facevano scendere verso valle, per chissà quale uso, forse per costruire delle case.
Ad un tratto dietro le sue spalle sentì uno scricchiolio, si girò e vide quello che non avrebbe voluto vedere: un gatto acquattato stava per zompargli addosso.
Rapido Michelino, uscì dal suo nascondiglio, che nascondiglio non era visto che qualcuno l’aveva scovato, e fuggì senza rendersi nemmeno contò di dove andasse.
Correva e correva, ma il gatto era sempre dietro. Poi vide una cassa di legno aperta e vi si infilò dentro, tremante e ansimante sperò che il gatto avesse perso le sue tracce, ma lo sentì avvicinarsi alla cassa furtivamente…
Fu un momento molto eccitante, pensò poi quando il gatto girò al largo e si allontanò.
Stanco della camminata e della corsa, Michelino si addormentò.
Si sveglio quando si sentì dondolare. Dall’esterno della cassa proveniva uno sciacquio, come se andasse in barca. Era scuro, probabilmente aveva dormito tanto.
Uscì dalla cassa e si accorse di essere su una barca piena di sassi rosa.
“Beh, li porteranno sulla riva opposta del lago, facciamoci pure questa passeggiata in barca…”, pensò dentro di sé Michelino.
Ma la passeggiata si faceva lunga, e dal lago che attraversarono in molto tempo, passarono a navigare in un fiume.
“Può essere interessante, rimaniamo ancora a bordo”, sussurrò.
E il viaggio continuò per giorni.
Michelino si rese conto di dove andava, quando dal fiume la barca si infilò in un canale e vide in lontananza le stesse sfondo che vide quando partì dalla sua prima casa. Stava tornando in città!
“Ormai è troppo tardi, tanto vale aspettare e vedere dove portano questi sassi”, pensò
Era molto curioso.
La navigazione continuò ancora per qualche giorno, quando finalmente l’imbarcazione si fermò. La cassa e i sassi vennero caricati su carri e portati proprio al centro della città.
Qui tantissimi uomini lavoravano intorno ad una costruzione, altissima tutta fatta di sassi rosa come quelli che aveva viaggiato con lui.
Scaricarono la cassa con all’interno il nostro Michelino, che aspettò il momento buono per uscire e rifugiarsi dietro ad un blocco.
Si fermò a guardare.
Stavano costruendo una casa enorme con tante statue e delle cose appuntite sul tetto.
Degli uomini vennero verso di lui, “Forse mi hanno scoperto”, esclamò.
Si accucciò per non farsi vedere, ma gli uomini presero solo il masso che era vicino a lui. Michelino dovette trovare un nascondiglio più sicuro e decise di infilarsi in quella “casa”.
All’interno era ancora più bella che all’esterno, era immensa.
Passò la notte nascosto in una nicchia ricavata in un muro.
Quando si svegliò si trovò accerchiato da decine di suoi simili che lo stavano a guardare con occhi curiosi.
“Chi sei? Da dove vieni?”, domandò uno degli osservatori.
“Michelino e vengo da lontano, sono arrivato qui insieme ai blocchi con una barca…” rispose con fatica Michelino, visto che era ancora assonnato.
“Non puoi rimanere qui, è territorio nostro! Devi andartene subito!”, minaccioso il capo, o quello che sembrava esserlo, sentenziò.
“Ma sono appena arrivato, e poi non ho fatto niente di male… Comunque me ne vado subito con il primo carro!”, rispose mantenendo la calma, e si diresse verso l’uscita.
Era quasi l’alba e i lavori non erano ancora incominciati.
Decise allora di andare a trovare Lucia, la signora che lo aveva cresciuto, che secondo i suoi calcoli era a due passi da quel posto.
Infatti in meno di due ore arrivò vicino alla casa dove era nato, e da dove era fuggito per cambiare vita.
Lucia, appena lo vide, si mise a piangere e disse: “Sei tornato Michelino, com’è bello rivederti, preparo subito una bella colazione, hai fame?”.
“No, mamma”, la chiamava così anche se era solo un’amica, “comunque sono solo di passaggio, presto partirò di nuovo, ma ti assicuro che ti verrò spesso a trovare, sai ho trovato il modo di vivere in campagna, ma allo stesso modo di poter tornare in città facilmente…”.
Seguì il racconto delle sue avventure. Lucia stava ad ascoltare attenta, e faceva in modo che il piatto di Michelino non si svuotasse mai, negli ultimi tempi aveva mangiato poco e lo si vedeva dalla foga con cui si abbuffava.
E così rimase qualche giorno in città, andava regolarmente a vedere i lavori di quella grossa casa, un giorno sentì che doveva essere una chiesa, un altro un duomo, insomma nessuno era sicuro di cosa potesse diventare quell’imponente edificio.
Ma la vita di città gli era stretta, era tempo di ripartire.
Quando lo disse a Lucia, questa si sentì svenire, ma non impedì la sua partenza, come non lo aveva fatto in precedenza.
Ma questa volta il viaggio non sarebbe stato a piedi, si sarebbe servito del mezzo di trasporto usato, suo malgrado, per tornare in città.
Doveva solo passare inosservato e imbarcarsi.
E così fece, si nascose su un barcone in partenza, sotto una coperta, e aspettò di partire.
L’attesa non fu lunga, ma era già notte ormai, dormendo sarebbe passato molto più in fretta il tempo, così Michelino si addormentò, e sognò di essere già in campagna.
La mattina quando il sole lo risvegliò, vide con piacere di essere già sul fiume, sarebbero arrivati presto al lago e dopo un piccolo tratto su un torrente, di nuovo al posto che aveva scoperto alcune settimane prima.
Ma si accorse anche di una presenza inaspettata che lo spaventò a tal punto che stava per buttarsi in acqua: un cane era lì, chissà da quanto tempo, ad osservarlo.
“Non spaventarti, non ho intenzione di farti del male, cerco amici…”, disse il cane con voce profonda e annoiata.
“Scusa, ma sei così grosso, che… Mi chiamo Michelino”, rispose incerto.
“Io sono Ardo, e quello è il mio padrone”, continuò la conversazione.
“Ardo, che nome buffo”, disse ridendo Michelino.
“Diminutivo di San Bernardo, sai sono di quella razza… Ma dove stai andando?”.
“Non posso vivere in città, ci sono troppi pericoli, vado in campagna”.
“Ma come fai a sapere che noi andiamo in campagna? Potremmo andare da tutt’altra parte”, domandò curioso Ardo.
“Mi sono già servito di questa imbarcazione per venire dalla campagna in città”, rispose con fare altezzoso.
“Io è la prima volta che ci vengo invece, ma dimmi com’è? Mi dicono che è meravigliosa, che c’è tanto spazio, prati verdi dove correre…”, curioso chiese il cane.
“Si è bellissimo, non c’è pericolo di annoiarsi”, e raccontò alcune delle sue avventure.
Il racconto fu così interessante che il tempo scorreva via veloce, tanto che i due nuovi amici non si accorsero di essere quasi arrivati.
Quando Ardo vide quello che c’era intorno annuì, “E’ proprio come me lo hai descritto, bellissimo, spero di rimanere qui tutta la vita!”.
Intanto il racconto di Michelino continuava e Ardo attento lo ascoltava, gli pareva di vivere le avventure, a dir la verità non tutte vere, vissute da Michelino.
Quando la barca attraccò, Ardo corse subito giù e si mise a saltellare, era stufo di vivere su una barca, senza fare quasi movimenti.
Michelino doveva tenersi nascosto, e si appiattì sotto il peli di Ardo. Si aggrappò a quella folta peluria e fu davvero appagante farsi trasportare.
Dopo una passeggiata furono di nuovo nei pressi di quella strana grotta, dove ancora c’erano uomini che entravano ed uscivano laboriosamente.
Passarono giorni felici, Michelino poi si sentiva sicuro protetto dal suo compagno, videro anche il gatto che però si tenne alla larga.
Entrarono anche nella grotta a curiosare, sembrava che Ardo avesse un lasciapassare speciale, poteva andare ovunque, e qui si divertirono a giocare a nascondino.
Venne però il momento tanto temuto, quando Ardo dovette ritornare in città e si sarebbero separati.
Non sapevano se si sarebbero rivisti presto, e la paura era quella che Michelino da solo con quel gattaccio nei paraggi sarebbe stato preda facile. Poi si erano abituati a vivere insieme, con tutte quelle avventure. Era difficile interrompere tutto questo. Venne loro in mente di scappare, idea abbandonata subito visto che Ardo era affezionato anche al suo padrone.
Non rimase che salutarsi.
Il giorno seguente fu molto triste per i due. Uno in viaggio non faceva che guardare indietro, verso quella montagna che era stata testimone di tutte quelle peripezie vissute con l’amico Michelino, e l’altro non faceva che rivolgere lo sguardo verso il lago fin dove riusciva a vedere.
Ma presto tornò tutto alla normalità con Michelino alla scoperta del mondo.
Fu durante una sua perlustrazione che incontrò Marco, il gatto malefico che amava rincorrerlo.
Lo inseguì per parecchio tempo, attraversarono freschi ruscelli, si arrampicarono su folti alberi, poi alla fine Michelino sparì dalla vista di Marco.
“Mi metto qua, sotto questo cespuglio, forse mi salvo…”, sussurrò Michelino ansimando.
Aveva gli occhi fuori dalle orbite, il cuore che gli batteva forte, il suo respiro sembrava quello di una locomotiva in salita.
Ma il gatto spuntò all’improvviso il suo miagolio sembrava quasi una risata.
Era ormai vicino, caricò il peso sulle zampe posteriori per il salto verso quella preda ormai rassegnata ad una fine tragica.
“Bau – Bau. Fermo o ti sbrano! Maledetto vattene!”, fu un urlo che colse di sorpresa tutti. Era Ardo, tornato proprio nel momento cruciale, e a Marco non rimase che battersela per non dover affrontare la carica dei “nostri”.
“A-A-Ardoooo?!?”, incredulo esclamò Michelino, che si era fatto piccolo piccolo sotto quel cespuglio di sassofrasso, “Gra-grazie, mi hai salvato la vita, come mai sei tornato così presto?”
“Vieni via, e ti racconto…”, gli rispose l’amico.
Raccontò che nemmeno a metà del lago, avevano puntato verso la riva, e dopo aver preso un pacco in una casa di un amico del suo padrone, avevano girato l’imbarcazione di nuovo verso la montagna. Per Ardo fu una magnifica sorpresa quando imboccarono di nuovo il torrente.
“Siamo arrivati stamattina, qui sotto, ed eccomi qua. Ti avevo detto di stare attento. Stavi per lasciarci le penne.”, lo rimproverò.
“No non è vero lo stavo tenendo a bada, avrei trovato il modo per scappare e salvarmi!, mentì Michelino.
E così da quel giorno non si lasciarono più, continuavano a fare spola fra città e montagna, con Ardo che difendeva Michelino, e Michelino che dava in cambio simpatia e compagnia.
Ogni volta che ritornavano in città, andavano da Lucia, che era contentissima di rivedere suo “figlio”.
Era tappa obbligata anche il Duomo, ormai completato, dove divenne amico di quella banda, che lo aveva cacciato la prima volta. Portava loro notizie dalla campagna e soprattutto del formaggio fresco dai monti.
(25 Luglio 1995)