Prima che arrivasse la plastica, in tutte le forme, nella nostra vita, si era abituati a utilizzare gli scarti domestici in modo diverso.
Ogni famiglia, aveva animali a cui affidare i rifiuti umidi prodotti, galline, conigli, maiali. Altri rifiuti potevano finire nella stufa e nel camino, altri potevano finire in discarica.
Quelli che andavano in natura, comunque, erano sicuramente biodegradabili.
Questo discorso valeva ovviamente per gli ambienti rurali: montagna, campagna… in città forse è sempre stato diverso.
Poi è arrivata la plastica.
Da quel momento il tutto si è fatto più difficile, anche se le abitudini non sono cambiate.
Così certi rifiuti finivano nel fuoco (inquinando), e altri andavano direttamente nella natura.
I luoghi preferiti erano vicino ai ruscelli, i “crot” e venivano chiamati “vuiur”, ossia luoghi dove vuotare (“vuià” è proprio vuotare).
Ed ecco formarsi i primi ambienti inquinati, che venivano periodicamente puliti dalle piene dei ruscelli (le “buzze”), che garantiva la pulizia a monte, ma a valle? Laghi, fiumi, mare?
Quando si accorsero che la situazione non era sostenibile, si inventarono la prima raccolta di rifiuti di valle, che tutti insieme venivano però scaricati nel torrente (Anza), per giunta a monte degli abitati, unica salva Macugnaga.
Anche questa situazione aveva dei limiti (ovvi con il senno di poi).
Ed eccoci poi allora arrivati alla raccolta e conferimento alla discarica (e anche qui si aprirebbe un capitolo sulle prime discariche) e/o inceneritore.
In questa storia scatta il ricordo personale che vede un gruppo di ragazzini che (incoscientemente) giravano per i “vuiur” a raccogliere la stagnola, perché una leggenda voleva che si guadagnasse rivendendola. Mai visto un soldo (una lira), ma tanto divertimento si, anticorpi anche, rischi molti.
Per finire ecco un video che ci fa capire come vivremmo ora senza la chimica (o la plastica).
P.S.: il linguaggio usato è quello di Calasca, in Valle Anzasca, alto Piemonte. Fatti, luoghi e i personaggi non sono inventati.