Domenica ho vinto un cesto natalizio, di quelli che hanno all’interno panettone, tisane invernali, strofinacci, biscotti, marmellate e tanti altri prodotto.
Sono cesti benefici, in questo caso fatto per una raccolta fondi, per cercare di riparare il tetto della chiesa… Ne servirebbero 1000 di quei cesti (non a me, alla chiesa), ma il mare è composto da gocce.
Il numero estratto, il 7, l’ha scelto mia figlia, dice che è il suo numero fortunato.
Anche io quando ero giovane, 7/8 anni, ho vinto un premio: un cappone. Anche lì era una lotteria di paese, e il numero legato al primo premio, era stato comprato dai miei genitori, scegliendolo tra quelli legati alla famiglia, forse il 12, giorno del mio compleanno.
Inutile dirlo che ero felicissimo, ma anche orgoglioso di aver portato in casa mia un cappone.
Ma cos’era questo cappone, non lo sapevo neppure. Potevo aver vinto qualsiasi cosa, sarei stato contento per tutto.
Si perché vincere qualsiasi cosa ti riempie, è come se ti venisse data una ricompensa per ciò che hai fatto.
A volte immagino di vincere qualche premio grosso e penso a quello che farei. Per prima cosa acquisterei una macchina (e chi mi conosce sa di che macchina parlo, forse un giorno scriverò qui qualcosa in merito). Poi un viaggetto. Se sono tanti soldi, un appartamento. Sicuramente riserverei dei soldi a parenti e amici. Una cosa mi piacerebbe fare: fermare una persona a caso, o una di quelle che vedi tutti i giorni ma non conosci, e dargli una busta con un po’ di soldi.
Per vincere però bisogna giocare, cosa che non faccio.
Sono piene le pagine di racconti di persone che dopo aver vinto enormi quantità di soldi hanno sperperato tutto, rovinato rapporti, e a volte sono finiti in rovina.
Un cappone invece non rovina la vita, ti fai un arrosto, ti riempi la pancia e ti rimane un ricordo lungo 50 anni.
Felice per te, un po’ meno per il cappone…